Come matite nelle mani di Dio.

È troppo presto per fare una testimonianza, forse, perché serviranno giorni per metabolizzare le mille emozioni che ho provato in queste tre settimane.

Prima di partire avevo un grande terrore, che mi portava quasi a pensare di non volerlo più fare. Paura del pieno. Che si contrappone al vuoto di cui viviamo circondati ogni giorno, o per lo meno in cui vivevo io. Avevo riempito ogni momento della mia vita con qualcosa da fare, persone da vedere, esami, stress, corse infinite e traffico. E come risultato avevo ottenuto un grande inquinamento dei pensieri.

Sono partita con una domanda ben precisa che mi aveva fatto Dio: “hai un posto nel tuo cuore per me”?

E qualcuno mi disse: “quando Dio entra nella tua vita, non ti lascia mai come prima”. In quei mesi è stato difficile da capire. Fino a quando Il 28 Luglio non ho messo piede sull’aereo.

In pochi istanti tutte le immense paure sono diventate emozioni, coraggio, felicità e scoperta.

Il Messico è fatto di colori, emozioni, allegria, perdita di confini verso una scoperta continua di spazi enormi che si intersecano in paesaggi pieni di cactus.

In Messico sono diventata amica di Dio, ho stretto con lui un’alleanza alla quale pensavo di non aver più diritto. Ho imparato ad amare i difetti, a trovarne il punto di forza, in me e negli altri.

Ho provato a non giudicare. A donare tutto quello che avevo, anche se era poco, anche se ero stanca come non ero stata mai.

Prima di iniziare la missione ci hanno detto che saremmo dovuti andare lì come matite nelle mani di Dio. E come si fa? (ho pensato) Bella domanda… forse non ho ancora la risposta.

Credo che significhi fare uno sforzo in più, ascoltare una persona in più, bussare ad una porta in più. Leggere una pagina del vangelo in spagnolo, giocare con i bambini, entrare nella casa della famiglia più povera. O scambiare un abbraccio con delle “abuelite”, proprio come se fossero le nostre nonne che abbiamo lasciato in Europa o che abbiamo perso per sempre. O forse, avere di fronte donne maltrattate dai mariti ubriachi e non giudicare, sorridergli con affetto. Proporre una preghiera per una loro intenzione proprio quando le nostre parole “umane” non possono bastare a togliere loro la sofferenza. Come non possono impedire ad una mamma con un figlio di un anno, malato di cuore, di piangere e urlare. Né tanto meno alla mamma di due figli sordi, ciechi e muti. O ad un ragazzo appena uscito dal coma. Possono, tuttavia, alleviare le loro paure, farle sentire per un attimo meno sole.

Ho scoperto Dio nelle viette dei paesini più sperduti, ho visto la fede delle persone intorno a me accendersi e illuminarsi ogni giorno. Tra una crepa e l’altra delle loro case. Nei bagni senza porta e senza acqua. Nei sorrisi dei bambini che ci aspettavano da un anno. Di cui sento ancora le voci che urlavano: “Missionaria”, o “maestra”.

Sono andata lì pensando di poter dare e mi sento di aver ricevuto tantissimo.

Quelle persone mi hanno fatto un regalo immenso: hanno riacceso in me la speranza, come forse io ho fatto con loro. Hanno rafforzato la mia anima, hanno reso il mio cuore più pieno.

Il Messico è stato perdita di confini con la realtà e apertura dei confini del cuore.

Crescita, amore e la mia parola preferita: Apapachar. Una parola messicana che qui si può più o meno tradurre con: accoccolarsi. Ecco, per me la mia esperienza in Messico si può riassumere in questa parola.

Accoccolarsi, lasciarsi cullare, lasciarsi abbracciare. Lasciarsi amare dalle persone e da Dio. E poi, a nostra volta: abbracciare, coccolare e dare amore agli altri.

In quelle vie sperdute ho imparato ad essere tutt’uno con l’umanità.

Ho avuto il dono di potermi sentire come un’unica grande famiglia, con i missionari, con i Padri, con le Consacrate e con ogni persona del posto.

Così mi rimane da dire una sola parola: GRAZIE. Grazie Dio, per aver scelto me. E per avermi tenuto la mano in tutti questi giorni senza lasciarla mai, per avermi fatto vivere esperienze al di fuori del mio controllo che mi hanno cambiato la vita.

Ed è proprio vero… il nostro cuore va dove noi lo indirizziamo, e se lo indirizziamo verso Dio e verso l’amore per gli altri prenderà una strada piena di miracoli e di scoperte continue

Forse è troppo presto per dire che mi sento un’altra persona… che sono cambiata e che non farò più gli sbagli di sempre, ma ad oggi posso dire di sentirmi la versione più autentica di me stessa. Un po’ più piena.

Sono grata immensamente.

Olivia (Missioni in Messico 2019)